Capitolo 2 – In strada
“Ed ora? Mah… “, “Ora dove vado? Magari faccio due passi su in piazza, guardo le vetrine, mi fermo al negozio di chitarre…”. Non era semplice decidere così su due piedi una giornata, non aveva nulla da fare, eppure quella giornata avrebbe dovuto essere speciale, avrebbe dato delle svolte, avrebbe fatto capir lui cosa da qualche anno non lo faceva esser felice.
“Chiamo Marco, sento se viene con me, tanto lui si sveglia sempre presto, o almeno così dice… poi si alza dal letto sempre dopo di me… No meglio di no… è troppo lento nel prepararsi e io sono già in strada, oggi non voglio perdere neanche un minuto, devo consumarla fino all’anima questa giornata, questa giornata….”. Non sapeva bene cosa fosse “questa giornata”, ma gli stava a cuore, era importante, lo capiva, lo capiva perché non voleva condividere queste ore con nessun altro, voleva esser solo con i suoi minuti e le sue ore…
“Ho deciso vado verso su, vado in salita…” Le facce passavano, alcune note altre nuove, i negozianti, sempre delusi dall’andamento commerciale della via, a parlottare col commerciante vicino, a parlar male dei negozi limitrofi, a guardar le belle donne che con la primavera iniziavano ad indossar vestiti leggeri, scarpe aperte, erano più belle, erano più allegre, erano più contente di risultar più piacenti, di avere gli occhi degli uomini addosso…
“Faccio colazione, mi va un cappuccino serio, vado al Bar d’Angolo, nella speranza che Vittorio, nella notte abbia presto ripetizioni di “cappuccino” .
- “Ciao Bernardo, fatto festa?” Quella domanda gli diede fastidio, non voleva assolutamente che nessuno sapesse nulla della sua giornata.
-“Ciao Vittorio, mi sono alzato un po’ più tardi… la Primavera” la risposta gli parve un buon compromesso, soddisfaceva sia lui sia quella “suocera” del barista.
-“Mi fai un cappuccino e mi dai un cornetto con la marmellata?” ordinò.
-“Marmellata di fragole va bene?”
La marmellata di fragole gli procurava quella stranissima sensazione, lui la chiamava “solletico al cervello”.
-“Fragole? No mi procura il “solletic…”, ehm… no Vittorio grazie non mi piace. C’è di albicocche?”
-“Albicocca, albicocca…” diceva Vittorio mentre con la pinza per brioches, faceva un rapido inventario della sua vetrina dei lieviti “No… niente albicocca”
-“Va bene un cornetto semplice Vittorio…” disse sconsolato.
Mi porse il cornetto e si girò verso la macchina del caffè, con la coda dell’occhio guardò il culo della tabaccaia che proprio in quell’istante, dopo aver bevuto il suo caffè si apprestava ad uscire dal bar, quella scena lo fece sorridere, pensava a due persone che si conoscono da anni, che parlano spesso tra loro, che si può dire siano amici e che hanno due esercizi commerciali a due passi l’uno dall’altro, e pensava agli occhi famelici di Vittorio sul sedere della sua amica… chissà se lei se ne accorgeva, se le faceva piacere, se tra loro dopo le chiusure serali fosse mai successo qualcosa.
Il cappuccino come al solito era mediocre, Vittorio durante la notte non aveva fatto nessun corso di aggiornamento, questo era sicuro. Lo finì, pagò con dei soldi spiccioli per la gioia del barista, sempre molto restio a concedere dei resti in moneta.
Uscendo dal bar, Bernardo teneva la testa china, guardava il pavimento in marmo a piastrelloni grigi, gli ricordava quando da bambino si recava al bar a giocare ai videogames, ricordava la smania che aveva di giocare, l’impazienza quando il gioco era occupato da altri, il fastidio che gli procuravano i criticoni dei giochetti, quelli che dicevano – “Prendi quel bonus, scendi dalla piattaforma, abbatti quella navetta…”, e pensando li rivedeva come erano ora, sempre uguali, sempre criticoni su temi più attuali, calcio, politica, economia… “La gente non cambia” pensò, “è sempre uguale, sempre con lo stesso sguardo di quando era bambina, le stesse manie, solo le passioni cambiano, i gusti… ma i modi di fare, le movenze, quelle ci faranno sempre compagia”.
Il marciapiede era pulito, la gente era allegra, la giornata infondeva felicità e speranza. Guardò una biondina che si era appena fermata con la sua utilitaria al semaforo, anche lei guardò Bernardo, ma con la classica occhiata che lanciano le donne quando non gradiscono essere osservate, uno sguardo inespressivo quasi cattivo, ruvido…
Iniziava la passeggiata, aveva deciso di andare in salita…
L’edicola... aveva cambiato da poco gestione, l’antipatico con faccia da scorfano e la moglie finto bionda con gli occhiali a fondo di bottiglia non c’erano più… anche l’edicola si era spostata, era dalla parte opposta del marciapiede. Un occhiata alla vetrina esterna, gli occhi cercavano riviste che forse non esistevano, riviste che grazie al loro colore, alla loro fotografia, al loro formato sarebbero forse servite a ricordargli qualcosa, ma non trovò nulla, niente era veramente interessante, riviste di computer, di vela, di fitness… nulla risvegliava la sua curiosità, nulla in quella vetrina sarebbe stata una pedina importante per quella giornata.
Aveva fatto un sogno da bimbo vicino quell’edicola, era un sogno meraviglioso nella mente di un bambino, aveva sognato l’edicolante che gli regalava pacchetti e pacchetti di figurine dei calciatori, un tesoro, era il bimbo con più figurine della scuola, avrebbe terminato il suo album per primo, avrebbe potuto scambiare figurine doppione con tutti… ma era un sogno e il risveglio fu deludente, non aveva mai terminato un album in vita sua.
Ci passò davanti… non ebbe neanche il coraggio di girare la testa verso sinistra… non ebbe il coraggio di guardare dentro, aveva paura che l’emozione, la nostalgia, i ricordi avrebbero potuto ferirlo, ferirlo molto gravemente.
Fece altri dieci passi in salita, poi si fermò, guardò le macchine e immaginò una sera autunnale di tanti anni fa, pensò al "serpente bianco e al serpente rosso".
senti cagone, già te l'ho detto, devi farne un racconto di max 15 pg.
RispondiEliminama secondo me è massimo di 15 pagine. Però troppi tecnicismi, io c'ho ccore!
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