dal Corriere.it
Ne consumava tre, quattro grammi al giorno. La cocaina per don Riccardo Seppia era ormai un'ossessione, aveva bisogno di migliaia di euro, gli investigatori parlano di circa trecento al giorno per almeno venti giorni al mese, per acquistare quella che nelle intercettazioni telefoniche chiama «la bianca» e «la neve». Comprava per sé e per offrirla in pagamento ai ragazzi perché accettassero le sue morbose attenzioni: «Vieni. Ho la neve», è il messaggino che è stato trovato sul suo cellulare.
Don Riccardo si riforniva da tre pusher, giovani, italiani, ai quali chiedeva sempre più spesso oltre alla droga di procurargli «bambini». Ma come poteva un sacerdote con uno stipendio di 1.200 euro permettersi i continui viaggi a Milano, le nottate in discoteca e in locali gay frequentati da giovanissimi, e soprattutto tutta quella cocaina? I Nas di Milano stanno passando al setaccio i conti correnti e le disponibilità finanziarie del sacerdote cinquantenne, arrestato a Genova venerdì con l'accusa di cessione di stupefacenti e di abusi sessuali su un chierichetto quindicenne.
Don Riccardo può aver avuto un aiuto economico dagli ignari genitori, ma certo non avrebbe potuto giustificare richieste di denaro così ingenti. E più le indagini vanno avanti e viene alla luce la doppia vita del sacerdote, più riesce difficile capire come nessuno in Curia si fosse mai accorto di niente.
Nei giorni scorsi don Piercarlo Casassa, parroco di don Riccardo nel 1985 a Recco, cittadina del Levante genovese, è stato ascoltato a lungo come testimone dai detective dell'Arma di Milano. Don Casassa ha ripetuto ai militari che i comportamenti del prete appena uscito dal seminario non gli sembravano adeguati alla tonaca. Ha ricordato una gita al mare organizzata da don Riccardo con i bambini del catechismo e di come i bambini si fossero rifiutati di ripetere l'esperienza. «I carabinieri - dice don Casassa - mi hanno chiesto perché non ho fatto denuncia all'epoca, ma io non potevo denunciare nulla di concreto. Non ravvisavo nessun reato». E ancora: «Don Seppia stava fuori tutte le notti e dormiva per l'intera mattina. La sua non mi sembrava una vera vocazione. Così ho avvertito i miei superiori».
Come dagli atteggiamenti disinvolti di venticinque anni fa don Seppia sia arrivato alla cocaina e all'ossessione per il sesso e i ragazzini è un percorso che bisognerà ricostruire. Dalle intercettazioni degli ultimi mesi don Riccardo sembra aver perso ogni freno. È lui che contatta i giovani in discoteca o ci arriva attraverso alcuni amici omosessuali che gli procurano il numero telefonico di ragazzini «disponibili». Oppure sono gli stessi pusher che, oltre alla droga, gli danno dritte in quel senso. Ma non è tutto: don Riccardo, nei suoi malsani comportamenti fa pensare persino al satanismo. Gli investigatori, infatti, si sono soffermati sul tatuaggio che il sacerdote ha sulla schiena, un sole a sette raggi con significati satanici, e su certe frasi blasfeme sull'ostia che rimandano a rituali e messe nere codificate in un manuale del Settecento e descritte dall'occultista Papus.
Erika Dellacasa
Messe nere? Ostie blasfeme? Froci? Droga? Mmm... Uomo interessante. Teniamolo in considerazione.
RispondiEliminaQuesto è propio uno forte e Moyo, gran conoscitore di uomini e dell'Italia, lo sa benissimo.
RispondiEliminaok abbiamo trovato il batterista e il nuovo presidente del CSM in un colpo solo!
RispondiEliminaevvai!!!
RispondiEliminaSiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!
RispondiElimina