sabato 5 marzo 2011

I bimbi non giocano più con le biglie. Capitolo 1.

Capitolo 1 – Buongiorno


La sottile lama di luce che entrava dalla serranda difettosa della camera di Bernardo andava ad infrangersi sulla vecchia coperta color arancio, che ogni sera prima di coricarsi, appoggiava disordinatamente sul letto.
Un piccolo fuoco. Fatto di pura luce e di una mistura di lana e acrilico.
Granelli di polvere, e di chissà quale altra porcheria, danzavano all’interno del fascio disegnando geometrie monotone e ordinate.
Il resto della stanza era immerso nella semioscurità e l’odore di chiuso contribuiva a darle un aspetto da cella monasteriale, il rumore del traffico, comunque, riportava l’ambiente ad una normale camera da letto di un normale appartamento di una normale periferia cittadina.
DRIN DRIN DRIN DRIN (non saprei scrivere meglio la suoneria di una sveglia elettronica, forse sarebbe meglio TI TI TI TI TI TI).
7:00. Aveva impostato volontariamente la sveglia a quell’infame orario, pur sapendo che quel giorno non sarebbe andato a lavorare. Quel suono pungente e regolare prima fece capolino nel suo sogno, poi riuscì, con chissà quale anatema, a svegliarlo.
Movimenti meccanici. Togliere il braccio da sotto la coperta arancione, sollevarlo, cercare a tastoni la sveglia, ora il lavoro del braccio e della mano era terminato, toccava alle dita, individuare il tastino per spegnere quell’inferno cacofonico, intercettato, pigiato. Di nuovo il silenzio, di nuovo il sonno.
DRIN DRIN DRIN DRIN.
7:06. E’ già, era una di quelle sveglie che ricominciano a suonare dopo pochi minuti, fino a che non si agisce sulla levetta posteriore.
Stessi identici movimenti meccanici. Di nuovo il silenzio, di nuovo il sonno.
DRIN DRIN DRIN DRIN.
7:12. Movimenti meccanici più complessi, in quanto le dita questa volta avrebbero dovuto trovare ed azionare la levetta posteriore. TIC. Suoneria disabilitata. La giornata iniziava veramente. Soffitto, mobilio, televisione, porta… ogni mattina stavano sempre li immobili a gustarsi la buffa scena del suo risveglio.
Occhi pesanti, alito pestilenziale, e le doppie malto della sera precedente che continuavano a spumeggiare allegramente nel suo cranio, quasi fossero ancora nel boccale da una pinta.
Erano anni ormai che non si alzava dal letto senza fatica, rimaneva li immobile ad aspettare che una forza esterna attivasse il suo corpo.
In piedi. Le pantofole ovviamente durante la notte si erano divertite a nascondersi sotto il letto, e lui per niente al mondo si sarebbe inchinato a cercarle, con il rischio che tutta la birra contenuta nella sua testa fuoriuscisse da qualche orifizio facciale ed andasse a bagnare la sua coperta arancione.
Bagno. CLICK. Una mandata. Anche se era solo in casa, l’abitudine di barricarsi al bagno non l’aveva persa. Routine corporali. Routine igieniche. Le scarpe sotto il termosifone erano diventate troppe, forse erano loro che la notte spaventavano le pantofole e le facevano rifugiare sotto il letto, avrebbe dovuto riporle nella scarpiera, ma non ne aveva la minima voglia.
Aperta la finestra. La serranda fece qualche piccolo capriccio, ma poi cedette e si andò ad arrotolare nella sua tana nell’intercapedine.
Bella giornata, neanche una nuvola, era contento, era anche triste perché le belle giornate primaverili erano cariche di ricordi che non riusciva a rimuovere.
La gente di sotto passeggiava e si recava ovunque, era quasi impossibile pensare che ogni negozio, cabina telefonica, scala o palazzo avesse un ruolo, che ci fossero persone interessate ad essi, era una cosa gratificante e a volte aveva provato una profonda invidia per quei siti così ambiti.
Il bar d’angolo. Lui si che piaceva. Era il “sex-symbol” del quartiere, tutti andavano al bar, parlavano al bar, compravano al bar, ridevano al bar. La sua insegna era orribile; con la scritta “Bar d’angolo” arancione e bianca, con grosso contributo cromatico dato da polvere, smog e ragnatele.
Bernardo stava pensando a come vestirsi, era una di quelle belle giornate primaverili in cui non si sa mai cosa indossare, non voleva trovarsi nella situazione di avere caldo o in quella contraria.
I soliti jeans…, con la maglietta rossa e il giubbino di pelle nera, ormai considerava questi indumenti come parte integrante del suo fisico, e riteneva che rispecchiassero fedelmente la sua personalità.
Camera da letto, corridoio e finalmente la porta di casa, rovinata e graffiata, evidentemente i precedenti inquilini erano un gruppo di orchi o gnoll delle lande desolate.
Appena aperta la porta l’odore delle scale del palazzo… era un odore di pulito e polvere degli zerbini, pungente che si depositava sulla gola e ne faceva propria dimora. L’ascensore neanche a dirlo era occupato ma per fare tre piani e per lo più in discesa non era indispensabile.

E finalmente fuori dalla sua tana… lo stradone in cui abitava era pieno di macchine ferme causa il solito ingorgo, la gente, frenetica, andava in ogni direzione ognuna impegnata nella propria sopravvivenza. Lui no. Quel giorno lui non apparteneva a quel pianeta, era un alieno, nulla di quello strano posto gli apparteneva e avrebbe potuto intaccare la sua giornata.

Davanti al portone della sua casa Bernardo era fermo a guardare le macchine in fila, la gente che andava ovunque, i negozi che mangiavano e risputavano persone, i palazzi immobili che pazienti osservavano tutte le creature a loro microscopiche che formicolavano ai loro piedi…

14 commenti:

  1. è il racconto autobiografico. Sono arrivato al quinto capitolo, ne vorrei scrivere 10, non so se mai lo finirò.

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  2. Puoi finirlo sicuramente. Ma è un romanzo o un racconto lungo?

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  3. voglio fare 10 capitoli di questa lunghezza, come può esser definito?

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  4. Così come è messo sembrerebbe un romanzo ma potrebbe essere benissimo un racconto, bisogna vedere come si sviluppa a livello strutturale e di contenuto nel senso che devi avere bene in mente dove vuoi andare a parare che ne so puoi farti una sorta di scaletta oppure scriverti un plot narrativo che poi sviluppi nel racconto vero e prorpio. In base a quelle poche cose che io, per miei limiti, ho recepito al corso di scrittura il docente del corso dice sempre che un racconto, ma per certi versi vale anche per un romanzo, dovrebbe avere una struttura ben definita che io ho sintetizzato e anche un po' banalizzato: inizio in cui vengono in qualche modo presentate e caratterizzate "le forze in campo", poi c'è una fase centrale in cui si arriva allo "scontro" tra il protagonista e l'anatagonista e avviene un fatto che scuote il protagonista (come usa dire il docente al corso, il racconto descrive il giorno o la vicenda più importante nella vita di un determinato personaggio) all'interno di questa fase centrale la fanno da padroni il climax e l'anticlimax e poi c'è un finale, su tutto quanto l'impianto narrativo sono fondamentali il ritmo e la drammaturgia. Mastro Nino mi corrigerà se qui in questo post ho scritto qualche cazzata, il che non è assolutamente possibile!

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  5. una struttura ce l'ho scritta, ho scritto 5 capitoli quindi sono a metà, ma sono fermo da un bel po'... aspetto di esser più tranquillo

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  6. Decidi se vuoi rendere ciò che hai scritto un romanzo o un racconto perchè a mio giudizio le cose cambiano oppure scrivi la prima stesura e poi decidi cosa fare. Purtroppo ci vuole tempo e testa libera, io per scrivere quattro cazzate per il corso ci ho messo ore e ore senza essere quasi mai soddisfatto del tutto, anzi quelle poche parti che pensavo fossero fatte bene me le ha distrutte il docente del corso.

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  7. nel mio post lungo all'ultimo invece di "il che non è assolutamente possibile" volevo dire "il che è assolutamente possibile".

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  8. Giona dimmene 4, amo essere contraddetto!

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  9. ovviamente il vostro sogno nel cassetto da oggi è leggere altri capitoli vero?

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  10. Tu posta gli altri capitoli ma il mio sogno nel cassetto in realtà è incontrare in udienza privata il Santo Padre.

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  11. e comunque... in questo blog postavo i capitoli, sono arrivato a postare il quarto...

    ovviamente il primo capitolo è quello più in basso

    http://ibimbinongiocanopiuconlebiglie.blogspot.com/

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