giovedì 24 marzo 2011

Il mezzo per il tour.

Quando torneremo a suonare, e ovviamente saremo i più grandi di tutti, avremo questo mezzo per inseguire le tappe del tour.

Finalmente...ma non basta, vogliamo di più!












Finalmente il nostro buon Silvio si è reso conto che questo Governo ha bisogno di linfa nuova, c'è bisogno di persone "responsabili" che sappiano il fatto loro e allora ecco che Silvio ti tira fuori il buon Saverio Romano, esponente di spicco dei Popolari di Italia Domani che fanno parte del gruppo parlamentare Inziaitiva Responsabile insieme a Scilipoti, Razzi etc. etc. Il buon Romano uscì giustamente dall'UDC perchè a suo giudizio era diventato un partito da salotto. Romano ha un pedigree di tutto rispetto nelle file della vecchia, e da noi rimpianta, Balena Bianca siciliana, fu braccio destro del buon Totò "Vasa Vasa" Cuffaro e ora giustamente a coronamento della sua carriera politica viene nominato Ministro delle Politiche Agricole e non mi venite a dire che sia inopportuno, come ha insinuato quel vecchio comunista di Napolitano, che un indagato per corruzione, una presunta tangente di 100 mila euro aggravata dal favoreggiamento alla Mafia, non sia adeguato al ruolo di Ministro: tutte stronzate progettate ad arte con l'ausilio degli insani mentalmente, e comunisti, dei magistrati che purtroppo inquinano la vita politica di questo paese, ma con la nostra riforma della giustizia finalmente li metteremo a posto.

Va benissimo Romano Ministro ma ora il mio leader, Ciccio Pionati, si è fatto un attimino rodere le terga perchè dice che i siciliani non sono spendibili nel nord Italia, oddio non sapevo che il buon checco fosse così sensibile alle tematiche del nord, io pensavo che lui fosse nato ad Avellino e invece scopro che ciucciuzzo forse è nato in quel di Varese... Pionati ha sempre ragione, per cui non dissento, seguo al sua linea, anche se secondo me è stato un po' troppo duretto nei confronti del suo comapgno di gruppo parlamentare, ora però mi aspetto che il buonissimo Silvio ripaghi il nostro ex mezzobusto preferito almeno con una nominuccia a Sottosegretario così siamo tutti più contenti e l'azione di Governo, già qualitativamente alta, si innalzi. Ditemi voi chi può vantare in Europa gente di siffatto calibro morale e politico come Pionati e Romano?


Rimane la ferita infertaci dalla minaccia di dimissioni di Carletto Giovanardi a fronte delle sue, giuste, lamentele per i tagli dei fondi per la Famiglia ma ora sembra tutto rientrato, gli ex D.C. sparsi nel PDL si sono compattati a difesa di Giovanardi e sembrerebbe che l'allarme sia rientrato e hanno convinto Carletto a rimanere al suo posto e anche noi possiamo tirare un sospiro di sollievo e il rimarginamento della nostra ferita.

mercoledì 23 marzo 2011

Una mattina di primavera ti svegli e....


senti crescere inesorabile dentro di te la voglia di pestare Biber....così, perché è bello....

mercoledì 16 marzo 2011

Il Santo del Giorno

San Giovanni (Jean) de Brébeuf Sacerdote S.J. e martire


Giovanni, al secolo Jean, de Brébeuf nacque il 25 marzo 1593 nel castello feudale di Condé-sur-Vire, nella diocesi di Bayeux in Francia; discendente di una antica famiglia, nobile e cavalleresca.
Aveva 20 anni quando l’8 novembre 1617, entrò nel Noviziato dei Gesuiti a Rouen e dove il 25 marzo 1622 a 29 anni esatti, fu ordinato sacerdote.

Dopo tre anni, nell’aprile 1625 s’imbarcò con altri missionari gesuiti a Duppe, per il Canada, in quell’epoca colonia francese, raggiungendo Québec il 19 giugno.
In questa immensa terra si fece notare per la sua anima eroica e generosa, tanto è vero che le Suore Orsoline di Québec, lo chiamavano “personificazione della grandezza e del coraggio”.
Per cinque mesi accompagnò gli Indiani Algonchini, attraverso le foreste nevose di quell’inverno e anche se non convertì nessun Indiano, poté apprendere la loro lingua, componendo un dizionario e una grammatica e facendosi comunque amare ed ammirare da loro.

Nel mese di marzo 1626, Giovanni de Brébeuf riuscì ad imbarcarsi su una canoa degli Uroni e con la loro flottiglia risalì il fiume S. Lorenzo e da lì poi nel fiume Ottawa, raggiungendo, dopo trenta giorni, il territorio degli Uroni dove risedette per tre anni in completa solitudine, sia di territorio, sia di approccio con questo popolo, a cui a stento riuscì a battezzare qualche bimbo in fin di vita.
Riuscì comunque a scrivere nella loro lingua un catechismo, che diventò un saggio raro di quel linguaggio, scomparso con l’annientamento degli Uroni qualche decennio dopo.

Per i noti motivi politici e coloniali, la città di Québec e la colonia francese, passarono agli inglesi e i missionari cattolici, a malincuore, dovettero lasciare il Canada e ritornare in Francia.
Dopo il Trattato di S. Germano del 29 marzo 1632, con il quale la Francia riebbe il Canada, anche i Gesuiti ripresero le loro missioni; padre Giovanni de Brébeuf ritornò fra gli Uroni a condividere quella desolata esistenza.

Alla fine del 1636 una malattia epidemica scoppiò nel villaggio, sembra proprio nella misera capanna dei missionari (i meno immunizzati, naturalmente, a tanta sporcizia e mancanza d’igiene), diffondendosi alle capanne vicine e poi all’intero villaggio e a quelli dei dintorni; estendendosi a macchia d’olio, seminando morti in quantità, specie bambini.
I padri Gesuiti, ancora convalescenti, presero ad aiutare tutti, dando prova ed esempio di cristiana carità; nonostante l’avversità degli stregoni che li ritenevano responsabili dell’epidemia.
In particolare padre Giovanni de Brébeuf, anche quando rivestì la carica di Superiore della Missione, sopportava con ammirevole pazienza e con il sorriso sulle labbra, gli insulti, le offese, le lividure e le ferite, che gli Uroni gli infliggevano, sempre aizzati dagli stregoni; sempre primo a svolgere i compiti più gravosi, ad alzarsi la mattina e accendere il fuoco e l’ultimo a coricarsi.
Dal 1637 i suoi coraggiosi e tenaci tentativi di evangelizzazione cominciarono a dare i primi frutti, al punto che nel 1649, anno in cui morì, gli Uroni battezzati erano settemila.

Attenzione : le persone sensibili si astengano dal leggere la descrizione del martirio che segue :

Il 16 marzo 1649 la Missione fu invasa dalla tribù degli Irochesi, Indiani feroci armati dagli Inglesi, che uccisero una gran quantità di Uroni e facendo altri prigionieri per torturarli, compreso padre de Brébeuf, al quale strapparono le unghie, lo legarono ad un palo, con delle scuri incandescenti legate al collo, che gli bruciarono il dorso e il petto, mentre una cintura di corteccia con pece e resina incendiata, gli cingeva i fianchi.
Era tale l’odio contro il missionario, che gli Irochesi presero a trafiggerlo con aste arroventate, strappandogli brandelli di carne bruciata e divorandola davanti ai suoi occhi. Ancora più infuriati perché il martire invece di gridare dal dolore, continuava a pregare lodando Dio, gli strapparono le labbra e la lingua, gli ruppero le mascelle, ficcandogli in gola tizzoni ardenti; poi finalmente sazi di tanta crudeltà, apersero il petto dell’agonizzante ed eroico martire, gli strapparono il cuore e ne bevvero il sangue, convinti secondo le loro credenze, di assimilare così il suo coraggio.

E come si diceva degli antichi martiri cristiani: “Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”, così il loro sacrificio non fu inutile, perché nei decenni successivi, la colonia cattolica riprese vigore e si affermò saldamente in quei vasti Paesi.
I martiri furono beatificati il 21 giugno 1925, dal grande ‘Papa delle Missioni’ Pio XI (Ambrogio Damiano Achille Ratti, 1922-1939) e canonizzati, dallo stesso pontefice, il 29 giugno 1930.
I loro nomi sono : Sacerdoti Carlo Daniel († 1648), Giovanni De Brébeuf, Gabriele Lalemant, Carlo Garnier, Natale Chabanel († tutti nel 1649); fratello coadiutore Renato Goupil († 1642), sacerdote Isacco Jogues e il fratello coadiutore Giovanni de la Lande († 1647).
Ricorrenza liturgica per tutti al 19 ottobre.

Significato del nome Giovanni : "il Signore è benefico, dono del Signore" (ebraico).

Il nostro agente a L'Avana




Mi ricollego al post del buon Giona che giustamente a mostrato su pagina web il suo dolore per l'annuncio della autosospensione da Sottosegretario con delega alle politiche per la famiglia di Carlo Giovanardi, ineffabile uomo da sempre dedito a salvare i giovani da quell'abominio che sono le droghe, nonchè grande difensore della Famiglia, quella naturale formata da un uomo e una donna ovviamente, antiabortista e difensore dei valori che accomunano tutti noi, lo definisco non a caso il nostro agente a L'Avana, colui che ci difende dai socialisti che sono al Governo e nella PDL , Cicchitto, Sacconi, Cazzola, Frattini, Stefania Craxi... e anche il Silvio era della partita ai bei tempi del Cinghialone, vabbè per farvela breve tutta questa gente ora si prodiga, come da antica tradizione socialista.., a difesa di Santa Romana Chiesa e del Santo Padre ma io so che dentro di loro il germe del laicismo, e ancora peggio dell'ateismo, alberga in qualche anfratto delle loro anime e magari chissà un domani cambiano idea e deviano dalla retta via per cui invoco pubblicamente il nostro Carlo Giovanardi a ripensarci, di tornare al suo posto che è quello di sentinella, guardia dei valori cattolici nella compagine di Governo.

martedì 15 marzo 2011

NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO

http://www.repubblica.it/politica/2011/03/15/news/giovanardi_tagli-13629916/?ref=HREC1-2

I bimbi non giocano più con le biglie - Capitolo 2

Capitolo 2 – In strada


“Ed ora? Mah… “, “Ora dove vado? Magari faccio due passi su in piazza, guardo le vetrine, mi fermo al negozio di chitarre…”. Non era semplice decidere così su due piedi una giornata, non aveva nulla da fare, eppure quella giornata avrebbe dovuto essere speciale, avrebbe dato delle svolte, avrebbe fatto capir lui cosa da qualche anno non lo faceva esser felice.

“Chiamo Marco, sento se viene con me, tanto lui si sveglia sempre presto, o almeno così dice… poi si alza dal letto sempre dopo di me… No meglio di no… è troppo lento nel prepararsi e io sono già in strada, oggi non voglio perdere neanche un minuto, devo consumarla fino all’anima questa giornata, questa giornata….”. Non sapeva bene cosa fosse questa giornata, ma gli stava a cuore, era importante, lo capiva, lo capiva perché non voleva condividere queste ore con nessun altro, voleva esser solo con i suoi minuti e le sue ore…

“Ho deciso vado verso su, vado in salita…” Le facce passavano, alcune note altre nuove, i negozianti, sempre delusi dall’andamento commerciale della via, a parlottare col commerciante vicino, a parlar male dei negozi limitrofi, a guardar le belle donne che con la primavera iniziavano ad indossar vestiti leggeri, scarpe aperte, erano più belle, erano più allegre, erano più contente di risultar più piacenti, di avere gli occhi degli uomini addosso…

“Faccio colazione, mi va un cappuccino serio, vado al Bar d’Angolo, nella speranza che Vittorio, nella notte abbia presto ripetizioni di “cappuccino” .

- “Ciao Bernardo, fatto festa?”  Quella domanda gli diede fastidio, non voleva assolutamente che nessuno sapesse nulla della sua giornata.

-“Ciao Vittorio, mi sono alzato un po’ più tardi… la Primavera” la risposta gli parve un buon compromesso,       soddisfaceva sia lui sia quella “suocera” del barista.
-“Mi fai un cappuccino e mi dai un cornetto con la marmellata?” ordinò.
-“Marmellata di fragole va bene?”
La marmellata di fragole gli procurava quella stranissima sensazione, lui la chiamava “solletico al cervello”.
-“Fragole? No mi procura il “solletic…”, ehm… no Vittorio grazie non mi piace. C’è di albicocche?”
-“Albicocca, albicocca…” diceva Vittorio mentre con la pinza per brioches, faceva un rapido inventario della sua vetrina dei lieviti “No… niente albicocca
-“Va bene un cornetto semplice Vittorio…” disse sconsolato.
Mi porse il cornetto e si girò verso la macchina del caffè, con la coda dell’occhio guardò il culo della tabaccaia che proprio in quell’istante, dopo aver bevuto il suo caffè si apprestava ad uscire dal bar, quella scena lo fece sorridere, pensava a due persone che si conoscono da anni, che parlano spesso tra loro, che si può dire siano amici e che hanno due esercizi commerciali a due passi l’uno dall’altro, e pensava agli occhi famelici di Vittorio sul sedere della sua amica… chissà se lei se ne accorgeva, se le faceva piacere, se tra loro dopo le chiusure serali fosse mai successo qualcosa.

Il cappuccino come al solito era mediocre, Vittorio durante la notte non aveva fatto nessun corso di aggiornamento, questo era sicuro. Lo finì, pagò con dei soldi spiccioli per la gioia del barista, sempre molto restio a concedere dei resti in moneta.

Uscendo dal bar, Bernardo teneva la testa china, guardava il pavimento in marmo a piastrelloni grigi, gli ricordava quando da bambino si recava al bar a giocare ai videogames, ricordava la smania che aveva di giocare, l’impazienza quando il gioco era occupato da altri, il fastidio che gli procuravano i criticoni dei giochetti, quelli che dicevano – “Prendi quel bonus, scendi dalla piattaforma, abbatti quella navetta…”, e pensando li rivedeva come erano ora, sempre uguali, sempre criticoni su temi più attuali, calcio, politica, economia… “La gente non cambia” pensò, “è sempre uguale, sempre con lo stesso sguardo di quando era bambina, le stesse manie, solo le passioni cambiano, i gusti… ma i modi di fare, le movenze, quelle ci faranno sempre compagia”.

Il marciapiede era pulito, la gente era allegra, la giornata infondeva felicità e speranza. Guardò una biondina che si era appena fermata con la sua utilitaria al semaforo, anche lei guardò Bernardo, ma con la classica occhiata che lanciano le donne quando non gradiscono essere osservate, uno sguardo inespressivo quasi cattivo, ruvido…

Iniziava la passeggiata, aveva deciso di andare in salita…

L’edicola... aveva cambiato da poco gestione, l’antipatico con faccia da scorfano e la moglie finto bionda con gli occhiali a fondo di bottiglia non c’erano più… anche l’edicola si era spostata, era dalla parte opposta del marciapiede. Un occhiata alla vetrina esterna, gli occhi cercavano riviste che forse non esistevano, riviste che grazie al loro colore, alla loro fotografia, al loro formato sarebbero forse servite a ricordargli qualcosa, ma non trovò nulla, niente era veramente interessante, riviste di computer, di vela, di fitness… nulla risvegliava la sua curiosità, nulla in quella vetrina sarebbe stata una pedina importante per quella giornata.

Aveva fatto un sogno da bimbo vicino quell’edicola, era un sogno meraviglioso nella mente di un bambino, aveva sognato l’edicolante che gli regalava pacchetti e pacchetti di figurine dei calciatori, un tesoro, era il bimbo con più figurine della scuola, avrebbe terminato il suo album per primo, avrebbe potuto scambiare figurine doppione con tutti… ma era un sogno e il risveglio fu deludente, non aveva mai terminato un album in vita sua.

Ci passò davanti… non ebbe neanche il coraggio di girare la testa verso sinistra… non ebbe il coraggio di guardare dentro, aveva paura che l’emozione, la nostalgia, i ricordi avrebbero potuto ferirlo, ferirlo molto gravemente.

Fece altri dieci passi in salita, poi si fermò, guardò le macchine  e immaginò una sera autunnale di tanti anni fa, pensò al "serpente bianco e al serpente rosso".

Il santo del Giorno

Santa Luisa de Marillac
Cofondatrice
“Compagnia delle Figlie della Carità”



Luisa, al secolo Louise, nasce il 12 agosto 1591 da una famiglia bene in vista nella società del suo tempo, ma nasce fuori del matrimonio - da Luigi de Marillac, Signore di Ferrières, imparentato con la migliore nobiltà di Francia e da madre ignota, probabilmente una domestica - e allora deve seguire tutti i condizionamenti di questa situazione : l’emarginazione, la sofferenza e l'affidamento a persone fuori della sua famiglia.

Dopo il 1604, muore il padre e la quattordicenne Luisa fu tolta dal regio collegio e affidata ad una “signorina povera” (forse sua madre), che l'avviò al lavoro. In questo periodo Luisa conobbe la sua origine e ne soffrì, maturando il proposito di farsi religiosa.
I parenti decisero altrimenti e Luisa, il 5 febbraio 1613, sposò lo scudiero e segretario di Maria de' Medici, Antonio Le Gras; dal matrimonio, nel 1614, nasce il figlio Michele, fonte di tante preoccupazioni per Luisa.

Nel 1623 c'è l'esperienza chiarificatrice della Pentecoste: una luce si irradia nella sua vita che la prepara ad affrontare le successive difficoltà e la orienta nelle scelte da compiere.
Nel 1624 c'è l'incontro con S. Vincenzo de' Paoli che dà inizio al lungo periodo di direzione spirituale che durerà tutto il resto della vita.
Nel 1625 muore il marito dopo lunga malattia.

Gli anni 1626-1628 sono un periodo di lenta e profonda maturazione spirituale che portano Luisa ad una scelta importante: dedicarsi totalmente al servizio dei poveri.
Il 1629 è l'anno di una svolta importante: dopo lunga riflessione, supera ritrosie e paure e accoglie l'invito di S. Vincenzo di farsi “visitatrice e organizzatrice” dei gruppi della carità, già attivi da diversi anni in varie zone della Francia: “Vai, madamigella…”, le dice il Santo e Luisa si getta con tutte le sue forze nella nuova avventura dello spirito.

Il 29 novembre 1633 con altre compagne dà inizio alla “Compagnia delle Figlie della Carità”, di cui è riconosciuta cofondatrice assieme a S. Vincenzo.
Da questo momento si dipana tutta una serie di impegni che la coinvolgeranno totalmente: l'assistenza agli appestati, la cura dei “trovatelli” (bambini abbandonati per le strade o alle porte dei conventi), l'assistenza e la cura dei carcerati, il tentativo di scuole (anche con classi miste), la costante e proficua formazione delle Figlie della Carità.

Luisa de Marillac ha 69 anni. La sua salute ormai è delicatissima e le sofferenze aumentano ogni giorno di più fino a stremarla: i suoi ultimi pensieri e le sue ultime parole saranno per le sue figlie e i poveri: “Non abbiate occhi e cuore che per i poveri...”; era, del resto, soprannominata “la serva dei poveri”.

È il 15 marzo 1660. Nella stanza piccola e disadorna, tra un agitarsi di cornette bianche, nella commozione di quanti l’hanno conosciuta e amata, Luisa muore (pochi mesi prima del “padre dei poveri”) nella pace del Signore della Carità, che non ha mai cessato di amare e servire per andarlo a incontrare in Paradiso.

Dopo diversi traslochi, la sua salma riposa oggi su uno degli altari a lei dedicato, nella Cappella della Casa Madre delle Figlie della Carità a Parigi in Rue du Bac, 140 (la stessa cappella della Madonna della Medaglia Miracolosa apparsa nel 1830 a S. Caterina Labouré).

Luisa de Marillac fu beatificata il 9 maggio 1920 da Pp Benedetto XV (Giacomo della Chiesa, 1914-1922) e canonizzata l’11 marzo 1934 da Pp Pio XI (Ambrogio Damiano Achille Ratti, 1922-1939).
Dopo trecento anni dalla sua morte, nel 1960, il Beato Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli, 1958-1963) la proclamò “Patrona” di quanti sono impegnati nelle opere sociali e caritative.

S. Luisa de Marillac continua a ben ispirare gli uomini e le donne del nostro tempo, tra le quali circa 21000 Figlie della Carità, (chiamate anche Suore di S. Vincenzo de' Paoli) che servono in tutto il mondo, ed i loro numerosi collaboratori.
Il granello di senape si è prodigiosamente sviluppato, il pizzico di lievito evangelico è meravigliosamente cre­sciuto. Le Figlie della Carità sono ovunque c’è un uomo che soffre, una miseria da soccorrere, una lacrima da asciugare, una solitudine da colmare, un cuore da consolare. Ma soprat­tutto, ovunque si realizza l’insegnamento di Luisa: “resti­tuire ad ognuno, con la salute del corpo, quella dello spirito”.

Significato del nome Luisa (Lodovica) : “combattente valorosa” (franco-tedesco).

lunedì 14 marzo 2011

Osservazioni sul futuro...

Deciso ormai che per ora la nostra musica dovrà essere computerizzata, avendo io quasi finito di leggere il libro, avendo trovato un tema per l'opera, cacando sempre con orgoglio, e mangiando sempre famelico, direi che possiamo iniziare...

vero?

giovedì 10 marzo 2011

Il Santo del Giorno

San Giovanni Ogilvie
Sacerdote S.J. e martire


Giovanni, al secolo John, Ogilvie nacque nel 1579 a Drum in Scozia e di lui non si sa nulla con certezza prima del 1593, anno in cui fu inviato quattordicenne sul Continente a studiare, come molte famiglie facoltose della Gran Bretagna, facevano con i loro figli in quell’epoca.

Convertitosi al cattolicesimo, studiò a Douai (F) ; a Lovanio (B); a Ratisbona (D) nel Collegio dei benedettini scozzesi; pressi i Gesuiti ad Olmütz, dove sentì la chiamata di Dio allo stato religioso.
Ottenne, così, di essere ammesso al noviziato gesuita di Brunn in Moravia, in cui entrò il 24 dicembre 1599, aveva vent’anni. Terminati gli studi in teologia, fu ordinato sacerdote a Parigi nel 1610 e destinato a Rouen.

Il suo desiderio, però, sin dai tempi di Lovanio, era quello di ritornare nella sua patria, la Scozia, per lavorare nelle missioni cattoliche; bisogna ricordare che in tutta la Gran Bretagna era in corso la persecuzione anticattolica.
Dopo più di due anni di richieste, fu esaudito e nell’autunno del 1613, dopo 22 anni di assenza, riuscì finalmente ad entrare in Scozia con la falsa identità di “capitano Watson”. Prese ad operare nell’apostolato missionario ad Edimburgo, ospite di Guglielmo Sinclair, avvocato al Parlamento e fervente cattolico.

Celebrava clandestinamente le S. Messe, frequentatissime, predicando fattivamente ai tanti cattolici che meditavano con interesse la sua parola; si spinse travestito, anche nelle carceri a confortare i molti cattolici prigionieri.
Si recò anche a Londra e Glasgow e fu proprio in questa città, che venne arrestato il 4 ottobre 1614, su denuncia di Adam Boyd, fatta all’arcivescovo protestante.

Subì per quattro mesi dolorosissime torture e, restando sempre strettamente incatenato, tanto da poter compiere pochissimi movimenti, finì davanti ai giudici scozzesi per cinque volte, dal 1614 al 1615.
Rimangono due resoconti molto particolareggiati dei processi: uno redatto dallo stesso Giovanni Ogilvie e completato dai compagni di prigionia, l’altro è costituito dalla relazione ufficiale inglese fatta scrivere dall’arcivescovo protestante Spottiswood, subito dopo il supplizio del martire.

Il 10 marzo 1615, il sacerdote venne dichiarato reo di lesa maestà dal tribunale di Glasgow e condannato a morte mediante impiccagione: la sentenza venne eseguita nel pomeriggio dello stesso giorno.
Fu subito sepolto nel cimitero dei condannati e dei suoi resti non se ne seppe più nulla.

Fu beatificato il 22 novembre 1929 da Pp Pio XI (Ambrogio Damiano Achille Ratti, 1922-1939) e canonizzato il 17 ottobre 1976 dal Servo di Dio Paolo VI (Giovanni Battista Montini, 1963-1978) che concluse la sua omelia nei seguenti termini :

« Noi siamo spesso portati a considerare nei martiri le sofferenze fisiche, le atroci e crudeli sofferenze alle quali essi sono sottoposti, più che il loro motivo, tanto è l’orrore ch’esse provocano nella nostra mente e nella nostra sensibilità. Ma non sono le sofferenze il titolo supremo specifico della loro grandezza e della loro autorità a nostro riguardo. Ce lo ricorda S. Agostino dicendo che non è la pena, ma la loro causa che fa i martiri veri: “quod martyres veros non faciat poena, sed causa» (S. Augustini Ep. 89: PL 2, 310).
E quale fu la causa del martirio di Giovanni Ogilvie? È facile scoprirla: la fede, dicevamo. Ma la fede è un mondo: quale punto della fede, quale verità della fede fece da centro al combattimento del suo martirio? La voce autorizzata da Cristo ad annunciarla: “voi mi sarete testi” (At 1, 8), testimoni, araldi, martiri. “Andate e insegnate” (Mt 28, 19): “chi ascolta voi, ascolta me” (Lc 10, 16) disse Gesù...
Scoperto questo punto centrale e dolente della testimonianza di Giovanni Ogilvie noi non andremo oltre nel nostro discorso; ci basterà registrare che la santità del nostro eroe è caratterizzata dalla sua testimonianza di devozione al magistero della Chiesa e di fede nella Messa, atto di culto che celebra la Parola di Dio e realmente la rende presente. Ma ora noi vogliamo fare dell’elogio di Ogilvie un’apologia polemica. Vogliamo piuttosto esprimere la sovrana speranza che il suo martirio giovi a confermare la nostra fede nel magistero della Chiesa e nel prodigio sacramentale e sacrificale dell’Eucaristia. La speranza che intorno a queste somme verità testimoniate dal nuovo Santo convergano i passi, convergano i cuori di quelli che allora, al momento del suo martirio, lo condannarono come traditore della lealtà dovuta alla Potestà civile della sua patria, mentre altro non fu che assertore dell’autonomia della Potestà religiosa secondo la sentenza eterna di Cristo Signore: “Date a Cesare ciò ch’è di Cesare, e date a Dio ciò ch’è di Dio” (Mt 22, 21).
Così, che, con serena comprensione dei drammi della storia passata, e con amico presagio d’una più felice storia avvenire, noi possiamo oggi attribuire a gloria del nostro Martire, con quanti altri soffrirono per la medesima causa, il merito d’aver eroicamente contribuito col suo sacrificio a rivendicare alla civiltà la libertà religiosa, quale il recente Concilio ha illustrata nella sua dichiarazione «Dignitatis Humanae»: nessuno dev’essere costretto, nessuno dev’essere impedito a professare la religione, mentre per tutti esiste il grave obbligo morale di cercare e seguire la verità, quella religiosa specialmente (Dignitatis Humanae, 2, 6, 9; S. Augustini Contra litteras Petiliani: PL 43, 315). Perciò il Santo da noi venerato, lungi dall’essere emblema di discordia civile o spirituale, placherà l’infausta memoria della violenza o dell’abuso d’autorità per causa religiosa, e ci aiuterà tutti a risolvere le vertenze relative al nostro credo rispettivo in propositi di mutuo rispetto, di serena ricerca e di fedele adesione alla Verità per ricomporre quella sospirata unità di fede e di carità, che Cristo ci insegnò essere espressione suprema del suo Vangelo (Cfr. Io. 17).
Ed affinché noi tutti siamo resi degni di giungere a questo epilogo della nostra celebrazione agiografica, ed a questa sorgente di ascetica imitazione, invocheremo umili e fidenti: San Giovanni Ogilvie, prega per noi! »

Significato del nome Giovanni: “il Signore è benefico, dono del Signore” (ebraico).

mercoledì 9 marzo 2011

Sull'esistenza del SuperNegro

Biber, sull'esistenza del fantomatico SuperNegro non posso darti nessuna certezza, posso però garantire di persona sull'esistenza della SuperNegra. Esiste.

IL MERCOLEDÌ DELLE CENERI

Mercoledì 09 Marzo 2011

Oggi la Chiesa celebra :

IL MERCOLEDÌ DELLE CENERI Santo(i) del giorno : S. FRANCESCA ROMANA, Religiosa e fondatrice, S. CATERINA da Bologna. Vergine dell'Ordine di S. Chiara, S. DOMENICO SAVIO, Allievo di S. Giovanni Bosco Meditazione del giorno San Massimo di Torino : Quaranta giorni per condurci verso il battesimo nella morte e nella risurrezione di Cristo Libro di Gioele 2,12-18."Or dunque - parola del Signore - ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti". Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore vostro Dio, perchè egli è misericordioso e benigno, tardo all'ira e ricco di benevolenza e si impietosisce riguardo alla sventura. Chi sa che non cambi e si plachi e lasci dietro a sé una benedizione? Offerta e libazione per il Signore vostro Dio. Suonate la tromba in Sion, proclamate un digiuno, convocate un'adunanza solenne. Radunate il popolo, indite un'assemblea, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo. Tra il vestibolo e l'altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: "Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al vituperio e alla derisione delle genti". Perchè si dovrebbe dire fra i popoli: "Dov'è il loro Dio?". Il Signore si mostri geloso per la sua terra e si muova a compassione del suo popolo. Salmi 51(50),3-4.5-6.12-13.14.17.Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà cancella il mio peccato. Lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato. Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto; perciò sei giusto quando parli, retto nel tuo giudizio. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode; Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinti 5,20-21.6,1-2.Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio. E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza! Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 6,1-6.16-18.Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Traduzione liturgica della Bibbia Meditazione del giorno: San Massimo di Torino ( ? – circa 420), vescovo Discorsi, 28, PL 57, 587s
Quaranta giorni per condurci verso il battesimo nella morte e nella risurrezione di Cristo « Al tempo della misericordia ti ho ascoltato, nel giorno della salvezza ti ho aiutato » (Is 49,8). L'apostolo Paolo prosegue con queste parole : « Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza ». A mia volta, vi prendo a testimoni, ecco ora i giorni della redenzione, ecco, in un certo senso, il momento della cura spirituale; possiamo curare tutte le macchie dei nostri vizi, tutte le ferite dei nostri peccati, se preghiamo costantemente il medico delle nostre anime, se... non trascuriamo nessuna delle sue prescrizioni... Il medico è il nostro Signore Gesù, il quale ha detto: «Sono io che do la morte e faccio vivere» (Dt 32,39). Il Signore prima dà la morte, poi ridà la vita. Mediante il battesimo, distrugge in noi adulteri, omicidi, crimini e furti; poi ci fa rivivere, quali uomini nuovi, nell'immortalità eterna. Moriamo ai nostri peccati, ovviamente mediante il battesimo, riprendiamo vita nello Spirito di vita... Consegnamo noi stessi al nostro medico con pazienza per recuperare la salute. Quanto avrà scoperto in noi di indegno, di macchiato per il peccato, di consumato dalle ulcere, egli lo taglierà, lo poterà, lo toglierà per lasciare sussistere in noi, una volta eliminate tutte le ferite del demonio, soltanto quello che appartiene a Dio. Ecco la prima delle sue prescrizioni: consacrare quaranta giorni al digiuno, alla preghiera, alle veglie. Il digiuno guarisce la fiacchezza, la preghiera nutre l'anima religiosa, le veglie respingono i tranelli del diavolo. Dopo questo tempo consacrato a tutte queste osservanze, l'anima, purificata e spossata da tante pratiche, giunge al battesimo. Ricupera le forze immergendosi nelle acque dello Spirito: quanto era stato bruciato dalle fiamme delle malattie rinasce dalla rugiada della grazia del cielo... Attraverso una nuova nascita, rinasceremo diversi. « O alto e glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio. Dammi una fede retta, speranza certa, carità perfetta e umiltà profonda. Dammi, Signore, senno e discernimento per compiere la tua vera e santa volontà. Amen. » SAN FRANCESCO (Preghiera davanti al Crocifisso)

martedì 8 marzo 2011

Domani è il mercoledì delle ceneri

Mi piacerebbe se ci vedessimo, alla parrocchia di San Giuseppe al Trionfale per la messa delle 10.

Va bene per voi?

Il Santo del Giorno

Ladies and gentleman, mesdames et messieurs ho l'immenso piacere di annunciarvi che il Santo del Giorno, è un Santo a cui sono particolarmente legato a cui dedicherò le mie pregheire di oggi, il Santo del Giorno è:


S. GIOVANNI di DIO, Religioso, fondatore



San Giovanni di Dio
Fondatore Ordine Ospedaliero
“Fatebenefratelli”

Giovanni di Dio, al secolo Juan Ciudad, nasce à Montemor-o-Novo (P) l’8 marzo 1495.

All’età di 8 anni, assieme ad un chierico si allontanò dalla casa paterna e giunse in Spagna, dove ad Oropesa (Toledo) fu accolto dalla famiglia di Francisco Cid, detto “el Mayoral”.

Fino a 27 anni fece il pastore e il contadino, poi si arruolò tra i soldati di ventura. Nella celebre battaglia di Pavia tra Carlo V e Francesco I, Giovanni di Dio si trovò nello schieramento vincitore, cioè dalla parte di Carlo V. Più tardi partecipò alla difesa di Vienna stretta d'assedio dall'ottomano Solimano II.

Chiusa la parentesi militaresca, finché ebbe soldi nel borsello vagò per mezza Europa e finì in Africa a fare il bracciante; per qualche tempo fece pure il venditore ambulante a Gibilterra, commerciando paccottiglia; stabilitosi infine a Granada vi aprì una piccola libreria.

Avvertiva già una grande vocazione per Gesù nell'assistenza dei poveri e dei malati, ma Giovanni mutò radicalmente indirizzo alla propria vita, in seguito ad una predica di (san) Giovanni d’Avila.
Abbandonò, allora, tutto: vendette libri e negozio, si privò anche delle scarpe e del vestito, e andò a mendicare per le vie di Granada, rivolgendo ai passanti la frase che sarebbe divenuta l'emblema di una nuova benemerita istituzione: "Fate (del) bene, fratelli, a voi stessi".

La carità che la gente gli faceva veniva spartita infatti tra i più bisognosi. Ma gli abitanti di Granada credettero di fare del bene a lui rinchiudendolo in manicomio.
Malinteso provvidenziale: in manicomio Giovanni si rese conto della colpevole ignoranza di quanti pretendevano curare le malattie mentali con metodi degni di un torturatore.

Così, appena poté liberarsi da quell'inferno, fondò, con l'aiuto di benefattori, un suo ospedale. Pur completamente sprovvisto di studi di medicina, Giovanni si mostrò più bravo degli stessi medici, in particolar modo nel curare le malattie mentali, inaugurando, con grande anticipo nel tempo, quel metodo psicoanalitico o psicosomatico che sarà il vanto (quattro secoli dopo ... ) di Freud e discepoli.

La cura dello spirito era la premessa per una proficua cura del corpo.
Giovanni di Dio raccolse i suoi collaboratori in una grande famiglia religiosa, l’“Ordine Ospedaliero”, meglio conosciuto col nome di “Fatebenefratelli”. Si impegnò anche nei confronti delle prostitute, aiutandole a reinserirsi nella società.

L’Arcivescovo di Granada gli cambiò il nome in Giovanni di Dio.
Giovanni morì a Granada, a soli cinquantacinque anni, il giorno del suo compleanno, l'8 marzo 1550.

Papa Alessandro VIII (Pietro Vito Ottoboni, 1689-1691) lo canonizzò nel 1690. Pp Leone XIII (Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci, 1878-1903) lo dichiarò patrono degli ospedali e di quanti operano per restituire la salute agli infermi.

Significato del nome Giovanni: “il Signore è benefico, dono del Signore” (ebraico).

lunedì 7 marzo 2011

L'Opera

Il tema principale l'ho trovato... e in cantiere abbiamo 3/4 pezzi da sviluppare, poi sarà importantissimo scegliere il tipo di suono.

Io vorrei un rock potente,anche grunge, addolcito dove possibile, da dei pad di tastiera.

che ne dite?

Finalmente anche la Russia!

Finalmente anche la Russia si è accorta di noi, a breve organizzeremo un concerto sulla piazza Rossa!

Di seguito le statistiche sugli accessi nazionali al nostro blog:


Italia 3.053
Spagna 33
Stati Uniti 21
Regno Unito 11
Singapore 5
Belgio 4
Austria 2
Canada 2
Federazione Russa 2
Cina 1

Il Santo del Giorno

SS. PERPETUA e FELICITA, Martiri





Perpetua e Felicita erano due donne cristiane che subirono il martirio a Cartagine, sotto l'impero di Settimio Severo (193-211), insieme a Saturo, Revocato, Saturnino e Secondino, anch'essi venerati come santi.

Il resoconto del loro martirio, scritto in latino (Acta Perpetuae et Felicitatis), fu scoperto da Holstenius e pubblicato da Pierre Poussines nel 1663.

Gli Atti, una delle pagine migliori dell'antica letteratura cristiana, sono composti da tre parti:
· i capitoli III–X sono tratti dai diari autografi di Perpetua;
· i capitoli XI-XIII furono scritti da Saturo;
· i restanti capitoli (I-II, XII, XIV-XXI) furono composti da un terzo autore, testimone oculare dei fatti, che alcuni studiosi identificano con Tertulliano.

Nel 1890 Rendel Harris scoprì un altro resoconto scritto in greco, che pubblicò in collaborazione con Seth K. Gifford.
Molti storici ritengono che questo testo in greco sia l’originale, altri postulano la contemporaneità di entrambi i testi, tuttavia l'ipotesi più accreditata è che il testo in latino sia l’originale e quello in greco una mera traduzione.

Chiusa in carcere, aspettando la morte, tiene una sorta di diario dei suoi ultimi giorni, descrivendo la prigione affollata, il tormento della calura; annota nomi di visitatori, racconta sogni e visioni degli ultimi giorni.
Siamo a Cartagine, Africa del Nord, anno 203: chi scrive è la colta gentildonna Tibia Perpetua, 22 anni, sposata e madre di un bambino.
Nella folla carcerata sono accanto a lei anche la più giovane Felicita, figlia di suoi servi, in gravidanza avanzata, e tre uomini di nome Saturnino, Revocato e Secondulo. Tutti sono condannati a morte perché vogliono farsi cristiani e stanno terminando il periodo di formazione; la loro “professione di fede” sarà la morte nel nome di Cristo.

Le annotazioni di Perpetua verranno poi raccolte nella Passione di Perpetua e Felicita, opera, forse, del grande Tertulliano, testimone a Cartagine. Il racconto segnala le pressioni dei parenti (ancora pagani) su Perpetua e su Felicita, che proprio in quei giorni dà alla luce un bambino. Per aver salva la vita basta “astenersi”, ma loro non si piegano.

Questo accade regnando l’imperatore Settimio Severo (193-211), anche lui di origine africana, che è in guerra continua contro i molti nemici di Roma, e perciò vede ogni cosa in funzione dell’Impero da difendere; tutto vorrebbe obbediente e inquadrato come l’esercito.
Con i cristiani si è mostrato tollerante nei primi anni. Ma ora, in questa visione globale della disciplina, che include pure la fede religiosa, scatena una dura lotta contro il proselitismo cristiano e anche ebraico: cioè contro chi ora vuole abbandonare i culti tradizionali. Per questo c’è la pena di morte o morte-spettacolo, spesso, come appunto a Cartagine.

Perpetua, Felicita e tutti gli altri entrano nella Chiesa col martirio che incomincia nell’arena, dove le belve attaccano e straziano i morituri; poi c’è la decapitazione.

Perpetua vive l’ultima ora con straordinarie prove di amore e di tranquilla dignità. Vede Felicita crollare sotto i colpi, e dolcemente la solleva, la sostiene; zanne e corna lacerano la sua veste di matrona ma lei cerca di rimetterla a posto con tranquillo rispetto di sé. Gesti che colpiscono e sconvolgono anche la folla nemica, creando momenti di commozione pietosa. Ma poi il furore di massa prevale, fino al colpo di grazia : era il 7 marzo 203.

Nei Promessi sposi, il Manzoni ha chiamato Perpetua la donna di servizio in casa di don Abbondio; il nome di quel personaggio letterario, così fortemente inciso, è passato poi a indicare una categoria: quella, appunto, delle “perpetue”, addette alla cura delle canoniche.
Cesare Angelini, il grande studioso del Manzoni, ritiene che egli abbia tratto quel nome dal Canone latino della Messa, "dov’è allineato con quelli delle altre donne del romanzo: Perpetua, Agnese, Lucia, Cecilia...".

sabato 5 marzo 2011

I bimbi non giocano più con le biglie. Capitolo 1.

Capitolo 1 – Buongiorno


La sottile lama di luce che entrava dalla serranda difettosa della camera di Bernardo andava ad infrangersi sulla vecchia coperta color arancio, che ogni sera prima di coricarsi, appoggiava disordinatamente sul letto.
Un piccolo fuoco. Fatto di pura luce e di una mistura di lana e acrilico.
Granelli di polvere, e di chissà quale altra porcheria, danzavano all’interno del fascio disegnando geometrie monotone e ordinate.
Il resto della stanza era immerso nella semioscurità e l’odore di chiuso contribuiva a darle un aspetto da cella monasteriale, il rumore del traffico, comunque, riportava l’ambiente ad una normale camera da letto di un normale appartamento di una normale periferia cittadina.
DRIN DRIN DRIN DRIN (non saprei scrivere meglio la suoneria di una sveglia elettronica, forse sarebbe meglio TI TI TI TI TI TI).
7:00. Aveva impostato volontariamente la sveglia a quell’infame orario, pur sapendo che quel giorno non sarebbe andato a lavorare. Quel suono pungente e regolare prima fece capolino nel suo sogno, poi riuscì, con chissà quale anatema, a svegliarlo.
Movimenti meccanici. Togliere il braccio da sotto la coperta arancione, sollevarlo, cercare a tastoni la sveglia, ora il lavoro del braccio e della mano era terminato, toccava alle dita, individuare il tastino per spegnere quell’inferno cacofonico, intercettato, pigiato. Di nuovo il silenzio, di nuovo il sonno.
DRIN DRIN DRIN DRIN.
7:06. E’ già, era una di quelle sveglie che ricominciano a suonare dopo pochi minuti, fino a che non si agisce sulla levetta posteriore.
Stessi identici movimenti meccanici. Di nuovo il silenzio, di nuovo il sonno.
DRIN DRIN DRIN DRIN.
7:12. Movimenti meccanici più complessi, in quanto le dita questa volta avrebbero dovuto trovare ed azionare la levetta posteriore. TIC. Suoneria disabilitata. La giornata iniziava veramente. Soffitto, mobilio, televisione, porta… ogni mattina stavano sempre li immobili a gustarsi la buffa scena del suo risveglio.
Occhi pesanti, alito pestilenziale, e le doppie malto della sera precedente che continuavano a spumeggiare allegramente nel suo cranio, quasi fossero ancora nel boccale da una pinta.
Erano anni ormai che non si alzava dal letto senza fatica, rimaneva li immobile ad aspettare che una forza esterna attivasse il suo corpo.
In piedi. Le pantofole ovviamente durante la notte si erano divertite a nascondersi sotto il letto, e lui per niente al mondo si sarebbe inchinato a cercarle, con il rischio che tutta la birra contenuta nella sua testa fuoriuscisse da qualche orifizio facciale ed andasse a bagnare la sua coperta arancione.
Bagno. CLICK. Una mandata. Anche se era solo in casa, l’abitudine di barricarsi al bagno non l’aveva persa. Routine corporali. Routine igieniche. Le scarpe sotto il termosifone erano diventate troppe, forse erano loro che la notte spaventavano le pantofole e le facevano rifugiare sotto il letto, avrebbe dovuto riporle nella scarpiera, ma non ne aveva la minima voglia.
Aperta la finestra. La serranda fece qualche piccolo capriccio, ma poi cedette e si andò ad arrotolare nella sua tana nell’intercapedine.
Bella giornata, neanche una nuvola, era contento, era anche triste perché le belle giornate primaverili erano cariche di ricordi che non riusciva a rimuovere.
La gente di sotto passeggiava e si recava ovunque, era quasi impossibile pensare che ogni negozio, cabina telefonica, scala o palazzo avesse un ruolo, che ci fossero persone interessate ad essi, era una cosa gratificante e a volte aveva provato una profonda invidia per quei siti così ambiti.
Il bar d’angolo. Lui si che piaceva. Era il “sex-symbol” del quartiere, tutti andavano al bar, parlavano al bar, compravano al bar, ridevano al bar. La sua insegna era orribile; con la scritta “Bar d’angolo” arancione e bianca, con grosso contributo cromatico dato da polvere, smog e ragnatele.
Bernardo stava pensando a come vestirsi, era una di quelle belle giornate primaverili in cui non si sa mai cosa indossare, non voleva trovarsi nella situazione di avere caldo o in quella contraria.
I soliti jeans…, con la maglietta rossa e il giubbino di pelle nera, ormai considerava questi indumenti come parte integrante del suo fisico, e riteneva che rispecchiassero fedelmente la sua personalità.
Camera da letto, corridoio e finalmente la porta di casa, rovinata e graffiata, evidentemente i precedenti inquilini erano un gruppo di orchi o gnoll delle lande desolate.
Appena aperta la porta l’odore delle scale del palazzo… era un odore di pulito e polvere degli zerbini, pungente che si depositava sulla gola e ne faceva propria dimora. L’ascensore neanche a dirlo era occupato ma per fare tre piani e per lo più in discesa non era indispensabile.

E finalmente fuori dalla sua tana… lo stradone in cui abitava era pieno di macchine ferme causa il solito ingorgo, la gente, frenetica, andava in ogni direzione ognuna impegnata nella propria sopravvivenza. Lui no. Quel giorno lui non apparteneva a quel pianeta, era un alieno, nulla di quello strano posto gli apparteneva e avrebbe potuto intaccare la sua giornata.

Davanti al portone della sua casa Bernardo era fermo a guardare le macchine in fila, la gente che andava ovunque, i negozi che mangiavano e risputavano persone, i palazzi immobili che pazienti osservavano tutte le creature a loro microscopiche che formicolavano ai loro piedi…

Sto studiando...

... non rompetemi il cazzo.

giovedì 3 marzo 2011

Ricordiamolo sempre così

Ricordiamolo così, con la cosa che sapeva far meglio; l'imitazione d Jimmy il Fenomeno.


Interessante... molto molto interessante.

http://www.melablog.it/post/13545/evento-apple-garageband-per-ipad

Stasera?

Ma stasera si suona?
Dove si suona?
A che ora?
Io ho con me tutto il necessario compreso il mio culone. Io in ogni caso vengo già "mangiato"e forse già "cacato".

Statemi bene

Il santo del Giorno

E' con immenso piacere che vi comunico, urbi et orbi, che la Santa del Giorno è una Santa a cui sono particolarmente devoto in quanto è la Fondatrice dell'Istituto delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù:




S. TERESA EUSTOCHIO VERZERI, Fondatrice dell'Istituto
Figlie del Sacro Cuore di Gesù

Teresa Eustochio (al secolo Ignazia) Verzeri nasce il 31 luglio 1801 a Bergamo; è la primogenita dei sette figli di Antonio Verzeri e della contessa Elena Pedrocca-Grumelli. Il fratello Girolamo diventerà Vescovo di Brescia.

Nella più tenera età Teresa impara dalla mamma, donna eminentemente cristiana, a conoscere e ad amare Dio ardentemente. Nel suo cammino spirituale viene seguita dal Canonico Giuseppe Benaglio, Vicario Generale della Diocesi di Bergamo, che già accompagnava la famiglia.

Teresa compie gli studi iniziali in ambito domestico. Intelligente, dotata di spirito aperto, vigilante, retto, viene educata al discernimento, alla ricerca dei valori perenni e alla fedeltà all'azione della grazia. Percorre, nella Grazia, un cammino fatto di spogliamento, di purezza di intenzione, di rettitudine e semplicità che la porta a cercare "Dio solo".
Interiormente Teresa vive la particolare esperienza mistica "dell'assenza di Dio", anticipando qualcosa della vita religiosa dell'uomo di oggi: il peso della solitudine umana davanti al senso inquietante della lontananza da Dio. Nella fede incrollabile, tuttavia, Teresa non smarrisce la confidenza e l'abbandono nel Dio vivente, Padre provvidente e misericordioso, al quale vota in obbedienza la vita, e come in Gesù, il suo grido di solitudine diventa consegna di tutta se stessa per amore.

Nell'intento di piacere a Dio e di fare solo la sua volontà, matura la sua vocazione religiosa tra la famiglia e il Monastero Benedettino di Santa Grata, dal quale esce dopo lunga e travagliata ricerca, per fondare a Bergamo, insieme al Canonico Giuseppe Benaglio, l'8 febbraio 1831, l’Istituto delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù.

Teresa Verzeri vive nella prima metà dell'800, un periodo di grandi trasformazioni nella storia d'Italia e della società di Bergamo, segnata da cambiamenti politici, rivoluzioni, persecuzioni che non risparmiano la Chiesa, attraversata anche dal Giansenismo e dalla crisi dei valori, frutto della Rivoluzione Francese.
Nel momento in cui la devozione al Sacro Cuore trova resistenze, ella consegna alle prime Figlie del Sacro Cuore questo testamento, che caratterizza il patrimonio spirituale della loro famiglia religiosa: "Gesù Cristo, a voi e al vostro Istituto ha fatto il prezioso dono del suo Cuore, perché non da altri impariate la santità, essendo Egli della vera santità la sorgente inesausta". (Libro dei Doveri, vol. I, p. 484).

Teresa vede benissimo le urgenze, coglie i bisogni del suo tempo. Con disponibilità assoluta a qualunque situazione ove la carità lo richiede, anche a quelle più pericolose e gravi, con le sue prime compagne si dedica a diversi servizi apostolici. Nella sua missione rivela le sue doti speciali di maestra di spirito, di apostola e di pedagoga. L'educazione è opera di libertà e di persuasione, nel rispetto dell'individualità: per questo raccomanda di lasciare alle giovani "una santa libertà sì che operino volentieri e in pieno accordo quello che, oppresse da comando, farebbero come peso e con violenza"; che la scelta dei mezzi si adatti "al temperamento all'indole, alle inclinazioni, alle circostanze di ognuna... e sul conoscimento di ciascuna" si stabilisca il modo con cui trattarla (Libro dei Doveri,vol. I, p. 447 e 349).

A 51 anni, dopo una vita di intensa donazione, Teresa Verzeri muore a Brescia il 3 marzo 1852, lasciando all'Istituto e alla Chiesa un patrimonio spirituale che si fonda sulla spiritualità del Cuore di Gesù.

Lascia alla Congregazione, già approvata dalla Chiesa e da parte civile, una vasta documentazione - soprattutto nelle Costituzioni, nel Libro dei Doveri e in più di 3.500 lettere - dalla quale è possibile attingere tutta la ricchezza della sua esperienza spirituale e umana.

Teresa Verzeri è stata beatificata il 27 ottobre 1946 dal Venerabile Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958) e proclamata santa il 10 giugno 2001 dal Servo di Dio Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005).

Le reliquie di Teresa Verzeri sono venerate nella cappella delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù, in Bergamo.
Il prezioso patrimonio spirituale trasmesso alla Congregazione trova il suo centro nel Cuore di Gesù da cui la Figlia del Sacro Cuore eredita lo spirito di esimia carità che la spinge a farsi "tutta a tutti" in un'intima relazione con il Padre e nella sollecitudine amorosa verso ogni essere umano.
Animate da questo spirito, le Figlie del Sacro Cuore di Gesù continuano la missione di Teresa in Italia, in Brasile, Argentina e Bolivia, nella Repubblica Centrafricana e nel Camerun, in India e in Albania. Nella contemplazione del Cuore di Cristo ricevono il mandato di andare ad ogni uomo e donna con dedizione che predilige i poveri, aperte ad ogni servizio, sollecite nel promuovere sempre la dignità della persona, ad essere Cuore di Cristo là dove più grande è il bisogno.

mercoledì 2 marzo 2011

Faccio centro nei vostri sentimenti

Con questo brano so di fare centro nei vostri sentimenti...

http://www.youtube.com/watch?v=7ZKuN4G_x38

Il Santo del Giorno

S. ANGELA DELLA CROCE (Ángela de la Cruz), Vergine e fondatrice




Angela della Croce (Ángela de la Cruz) nacque a Siviglia il 30 gennaio 1846 in una famiglia povera. I suoi genitori, Francisco Guerrero e Josefa González, ebbero 14 figli di cui, però, solo 6 raggiunsero la maggiore età.

Era molto piccola allorché dovette abbandonare la scuola per aiutare la famiglia.
Trovato lavoro presso un calzaturificio, la sua pietà non comune fu rilevata dalla maestra del laboratorio, che ne informò il padre Torres Padilla, noto a Siviglia per la fama di santo e di formatore di santi.
Le sue aspirazioni furono orientate verso l’apostolato. Ma prima pensava di essere chiamata da Dio ad una vita di perfezione tra le Carmelitane scalze di Siviglia, dove non fu accettata a motivo della gracilità della sua salute. Compì più tardi un altro tentativo presso le suore di vita attiva, le Figlie della Carità, dove fece anche il noviziato e vestì l’abito religioso: però ancora una volta la cagionevole salute la costrinse a lasciare il convento. Decise allora di vivere come suora fuori del convento.

Nel 1871, con un atto privato promise al Signore di vivere secondo i consigli evangelici.
Nella sua esperienza di preghiera vide una croce vuota davanti a quella di Cristo crocifisso e ricevette l'ispirazione di immolarsi insieme a Lui per la salvezza delle anime.

Padre Torres, nel 1875, chiese ad Angela di lasciare il laboratorio di pantofole per dedicarsi totalmente a pensare, con alcune compagne che si erano unite a lei, a stendere una regola e a trovare una casa per una vera e propria comunità.

Il 2 agosto 1875 ebbe inizio l'Istituto delle Sorelle della Compagnia della Croce (Las Hermanas de la Compañía de la Cruz) che si sarebbe distinto per il servizio a Dio nei fratelli più poveri. "Farsi povero con il povero per portarlo a Cristo": questo motto informò la sua vita e costituisce il fondamento della spiritualità e della missione della Compagnia della Croce, che venne eretta in congregazione di diritto diocesano, con decreto dell'arcivescovo di Siviglia, il 3 aprile 1876.
La congregazione ottenne il pontificio decreto di lode il 10 dicembre 1898; il 25 giugno 1904 venne approvata definitivamente dalla Santa Sede (le sue costituzioni il 14 luglio 1908).

Durante l’epidemia del 1876, Angela, insieme con le consorelle, diede prova di eroismo. La sua dedizione per i poveri e gli ammalati non conobbe confini né misura. Dalla sapienza della Croce attinse quella forza che le permise di testimoniare Cristo fino ai più alti gradi della perfezione.

Ammirata da tutti e chiamata dal popolo "madre dei poveri", disprezzando ogni gloria umana e ricercando la più completa umiliazione, si addormentò nel Signore, nella città dove era nata, all'età di 86 anni, il 2 marzo 1932. Tutta Siviglia la pianse.

Suor Ángela de la Cruz fu beatificata da Papa Giovanni Paolo II a Siviglia il 5 novembre 1982 (è Beatificazione di Suor Angela della Croce ) e canonizzata, dallo stesso Papa, il 4 maggio 2003 (Plaza Colón, Madrid).

Se vogliamo capire perché la Chiesa la dichiara santa, dobbiamo tenere in mente che prima di arrivare a questo trionfo Suor Angela si è crocifissa totalmente con Cristo in una immolazione assoluta della propria intelligenza, della propria volontà e di tutto il suo essere. Ha assaporato l’abbandono totale di Cristo sulla Croce nella propria carne e, ancor più, nella propria anima, come olocausto di tutta la propria persona in onore della Maestà di Dio.
Dà le vertigini affacciarsi alla vita interiore di Suor Angela, secondo quello che si può venire a conoscere dai suoi scritti. Dovette imporsi un compito sovrumano per vincere se stessa, prima di giungere a una identificazione totale con la volontà divina. Siamo in equivoco se pensiamo che i Santi siano di altra natura, diversa dalla nostra: sono creature umane con tendenze alla mediocrità e al peccato come tutti noi. Si sono fatti santi perché hanno generosamente collaborato con la grazia divina per distruggere in se stessi i propri difetti. E questo non in un giorno ma in ogni istante della loro vita: è quello che ha fatto anche Suor Angela della Croce.
Il suo Istituto oggi conta 800 suore con 54 case in Spagna, 2 nelle isole Canarie, 2 in Italia (Roma e Reggio Calabria) e 2 in Argentina.

Visto che il Supernegro non riscuote successo...

Visto che il Supernegro, ahivoi, non riscuote successo vi posto un individuo di razza caucasica
che potrebbe essere il contraltare del Supernegro, che però vince sempre su tutti quanti, per cui lo definirei il Supercaucasico.
Per me comunque Supernegro VS Supercaucasico vince alla grande il Supernegro alla grande, anzi alla grandissima!

Pavel Pogrebnjak

Data e luogo di nascita: 08/11/1983 a Mosca
Altezza: 188 cm
Peso: 91 kg
Nazionalità: Russa
Ruolo: Attaccante
Squadra: Stoccarda